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     XXXI Edizione dal 3 al 12 settembre 2010
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ven 03-09-2010 21:00, Teatro Comunale
La musica dei ciechi
poi le voci dal Vico Finale
con Peppe Barra
di Raffaele Viviani
  
Prima nazionale

03-09-2010 ore 21:00
05-09-2010 ore 21:00
durata 75 minuti

con Patrizio Trampetti e Lalla Esposito
con Adriano Mottola
e Gabriele Barra, Paolo Del Vecchio, Costel Lautaru,
Ilie Pipica, Massimiliano Sacchi, Luca Urciuolo
assistenti alla regia Elena Cepollaro, Andrea de Goyzueta

scene Roberto Crea
costumi Annalisa Giacci
elaborazione delle canzoni Patrizio Trampetti
regia Claudio Di Palma
produzione Ente Teatro Cronaca

Si ringrazia il Mercadante Teatro Stabile di Napoli

"T'aggio vista!". Esclama dolente, ma con intonazione ferma, il Ferdinando de "La Musica dei ciechi" accusando sua moglie Nannina di "evidente" infedeltà. Sembrerebbe, la sua, una prova testimoniale forte e sufficente alla condanna morale della donna se non fosse, però, che a fornirla sia lui, ovvero, un musicista cieco. Un buffo controsenso, dunque. Viviani, però, geniale, non lo informa neppure di ironia. T'aggio vista! Afferma amaro Ferdinando e noi dobbiamo credergli. Poco importa se quello che dice di aver visto gli sia stato soltanto malevolmente riferito da un ostricaro di passaggio e che l'accusa stessa possa essere vuota d'ogni verità. Ferdinando ha visto il tradimento proprio perchè gli è stato raccontato; nel suo mondo percettivo ascoltare è vedere. Nel suo mondo percettivo il senso proviene dal suono in un rapporto sinestetico tra vista ed udito.
Allora eccolo, in questa messa in scena de "La musica dei ciechi", il suo mondo di visioni ossessive e di solitudini, rimodulate secondo la fonetica di una partitura breve fatta di quadrature e dissonanze sia musicali che emotive. Eccolo, questo mondo, moltiplicarsi nelle ombre che gli si muovono intorno in un Borgo Marinari presunto; rifugio di suoni lontani, di lingue straniere, di voci arrochite dal mare.
Gli si muove intorno una Napoli "di un altro tempo", impenetrabile per lui, indistinta per noi, diradata, in scena, da superfici che ne opacizzano il senso e le forme. Una Napoli della strada, degli ultimi, dei sacrificati, dei veri, ma ormai una "Napoli, forse". Una Napoli di cui solo Viviani ce ne può far intravedere l'eco.
Infine il buio, assiduo corteggiatore di Ferdinando, che ingoia la sua storia silenziandone le deludenti
liturgie quotidiane.
Restano i suoni che si manifestano ed amplificano a seguire nel racconto di scena. E' una musica di strada, nobilmente plebea, musica ancora degli ultimi, dei sacrificati, dei veri.
Una musica che riorchestra, in una sorta di onirismo circense, raccapricci e desideri profondi avvertiti e registrati da Viviani dai tempi del Vico Finale. Una musica che restituisce l'indomita dignità di corpi immiseriti dal destino, che racconta del loro vitalismo inesausto, di una violenza che cresce, neppure silente. Una musica che tenta di farci ascoltare la forma di una città come Napoli, di farcela riconoscere consentendoci di esclamare con la stessa certezza cieca di Ferdinando "T'aggio vista".
Visione illusoria. All'interno del contesto narrativo, l'eccezionalità estetico-tonale di Peppe Barra rappresenta l'ideale
misura espressiva per coniugare il crudo realismo di Viviani con la sospensione onirica che "La Musica" tende ad evocare.
Il suo corpo scenico avanza a tentoni tra ombre di uomini, canta con pulsione solare tra corpi di strumenti abbandonati quasi ad incarnare, con poetico disincanto, il tentativo di ricomporre l'accordo tra uomini e suoni la cui dissociazione sembra un profetico presentimento su Napoli che ne "La Musica dei ciechi" Viviani dichiara sottotraccia.                            
 
 Claudio Di Palma
                           
 




 
           
 



 

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